mercoledì 5 maggio 2010

Rotante macchina da mutande

Ceno (pop corn e chele di granchio comprate in rosticeria), lavo il piatto e mi accascio sul divano. Lascio che i pensieri fluttuino liberamente.

Realizzo che ogni essere umano è formato da due parti indissolubilmente simbiotiche: corpo e mente. Sussurro una preghiera al buon Dio implorando che mi sia tolta per un po' la parte 'corpo'. Dopo l'impresa titanica di ieri (700 metri a piedi) sono devastato. Scientificamente sono solleticato dalla presenza di muscoli che nemmeno dubitavo di avere, ma la scoperta oltre che fortuita non è certamente piacevole. Ho male ovunque, questa agonia mi annebbia la mente e rende la mia vita insopportabile. Non merito di essere ridotto così solo per aver dato voce a un istinto primaverile. Chiudo gli occhi e cerco di dominare il dolore.

Realizzo anche un'altra cosa molto più prosaica: devo fare la lavatrice altrimenti resto senza mutande. Mi alzo a fatica (e imprecando, ma senza cattiveria) dal divano e vado in bagno. È la prima volta che faccio la lavatrice (è arrivata da poco e prima i panni li lavava mia madre, santa donna). Non sento nemmeno l'emozione delle prime volte. Senza troppa convinzione afferro il libretto di istruizioni.

"Grazie per aver comprato ecc. ecc."

Dopo mezzora che leggo mi rendo conto di non aver imparato ancora nulla. Qui dice di fare un primo lavaggio a vuoto. Non capisco perché, forse bisogna lavare l'aria all'interno nella lavatrice in modo tale che le mutande trovino un'ambiente sterile onde venire mondate. Sì, deve essere per forza così. Apro l'oblò, mi metto a soffiare a pieni polmoni e sventaglio con le mani per fare entrare più aria possibile. Chiudo l'oblò.

Ok, questione detersivo. Apro il cassettino e ci trovo tre vaschette separate. Con il bottiglione di detersivo formato famiglia in mano (mi durerà in eterno, presumo), cerco di razionalizzare la distribuzione. Riempio la prima vaschetta a sinistra. Riempio la seconda. E la terza solo a metà: vado al risparmio dato che questi beveroni chimici costano un patrimonio.

Sul pannello di controllo della lavatrice ci sono due manopole. Su quella di sinistra, sono indicati dei simboli. Credo siano Maya, anzi ne sono sicurissimo. Dato che sono ingegnere e non antropologo, mi affido al caso (legge dei grandi numeri: prima o dopo la combinazione giusta la trovo). Sulla manopola di destra, invece sono riportate delle temperature esperesse in gradi centigradi. Avrei preferito i Kelvin, ma non si può avere sempre tutto dalla vita. La scelta ovvia (devo sterilizzare l'aria) è la temperatura più alta: 90 gradi.

Check finale. Oblò chiuso, cassettino con il detersivo chiuso, manopole sistemate sulla combinazione giusta, spia lampeggiante. Sicuro come un aviatore premo il pulsante di start. La spia cessa di lampeggiare e sento un 'tac' sospetto. La lavatrice a questo punto comincia a lamentarsi emettendo un suono tipo aspirapolvere. Mi viene il dubbio di non aver aperto il rubinetto dell'acqua. Con uno scatto felino, che mi costa uno strappo all'unico muscolo ancora sano, mi butto sul rubinetto e apro in tutta fretta. La macchina smette di lamentarsi e produce suoni già più piacevoli.

È il primo lavaggio, quindi decido di rimanere assieme alla lavatrice per un po'. Tanto non credo che ci vorrà molto. Dopo venti minuti la cosa diventa sospetta: nella lavatrice si è formata una massa di schiuma che non oso immaginare dove andrà a finire e soprattutto la lavatrice non ha ha ancora finito.

Aspetto. Sempre più schiuma, sempre più sonno. Mi siedo di fianco alla macchina e aspetto ancora.

Quando mi risveglio è ormai mattina. La macchina è ferma e la schiuma se n'è andata. Lavaggio mutande: scienza imperfetta.

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