venerdì 7 maggio 2010

Dolcezza notturna

"Cosa fai giovedì sera?"
"Mi metto il sacchetto del pane in testa e canto le cazoni di Ray Charles mentre tengo il tempo spernacchiando con la mano sotto l'ascella."
"Ah... capisco, quindi sei molto impegnato?"
"Direi di sì, perché?"
"No, beh, pensavo magari di fare un salto da te" e si affretta ad aggiungere "sempre se non disturbo eh!"
"Sì, disturbi."
"Quindi potremmo fare verso le nove?"
"Certo che no. Piuttosto mi imbottisco di sedativi e vado a letto alle cinque del pomeriggio."
"Ah, soffri di insonnia? Non lo sapevo eh, brutta storia. Pensa che anche un mio amico..."

Parte il resoconto dettagliato dello stato di salute di un tale che non ho mai visto in vita mia. A questo qui mancano l'udito, l'intelletto e, credo, un paio di venerdì. Lo conosco da quando eravamo bambini e non me lo scrollerò di dosso molto facilmente. La buona notizia è che probabilmente si sarà dimenticato di stasera e ad ogni modo non sa dove abito, quindi posso stare tranquillo. Per essere del tutto sicuro che nessuno mi trovi in casa, decido di fare due passi in città (qui vicino). Mi cambio e vado a recuperare il cellulare con l'intento di spegnerlo. Lo trovo che lampeggia, vibra e canta. Vorrei lanciarlo contro il muro ma mi è costato un patrimonio e il solo pensiero mi fa star male.

"Pronto?"
"Oh ciao! Hai da fare stasera?"
"Ho lezione di canto, ricordi? Ray Charles..."
"Sì sì, io sono davanti a casa tua eh, ma non trovo il citofono."

Chiudo la chiamata e così, per pura curiosità vado a vedere se è veramente qui. Apro la porta e constato la presenza di una persona vagamente familiare. Sul volto ha stampato un sorriso ebete e mi fissa. In mano ha qualcosa che somiglia a una scatola di cioccolatini. Chiudo la porta, ho certamente avuto un'allucinazione, devo essere molto stressato ultimamente. Riapro ed è ancora lì.

"Beh, non mi fai entrare?"
"Piuttosto mi impicco al lampadario. E poi stavo per andare a letto."
"Con jeans, camicia e scarpe?"
"Io dormo così."

Richiudo la porta nella speranza che se ne vada. Ho ancora in mente di andare a farmi due passi, ma con lui lì davanti la vedo dura. Potrei uscire dalla finestra (abito a piano terra), ma mi vedrebbe comunque. La fregatura è che le altre finestre danno comunque su un cortile interno la cui unica uscita è proprio dove sta piantato lui. Impreco un pochino e alla fine decido di uscire.

La serata è un senso unico: ci infliamo in un barettino, ordiniamo due birre, lui parla io fingo di ascoltare. Sembra raggiante, ha cambiato lavoro da poco ed è soddisfatto di aver mollato il capo che lo tiranneggiava. Adesso si è trovato un lavoro al mio paese.

"Ti ricordi di V?"
"No."
"Ma sì, dai V! Bella ragazza, occhi scuri capelli mossi."
"Ti ho detto no."
"Impossibile! Ci sei stato insieme un anno figurati se non te la ricordi. Sai, adesso lavoro nel suo laboratorio. È così gentile e non mi tira matto tutto il giorno eh. Ah, e parliamo un sacco di te. Mi racconta di quando eravate insieme e delle parole dolci che le diceve sempre. Mi ha anche fatto vedere le lettere che le spedivi. Non ti facevo così romantico."
"Infatti non lo sono. E sono anche analfabeta."

Per non ascoltare afferro il bicchiere e spero che l'alcol mi aiuti a passare la serata. Ho ricordi confusi, ma a un certo punto riesco a produrre uno sbadiglio colossale. Lui capisce l'antifona, ci alziamo, paga (almeno questo!) e torniamo verso casa.

"Beh, Paul, grazie per la bella serata eh. Ah il nostro Paul è diventato grande! Sai, al paese ci manchi già."
"Non sono mica emigrato in Alaska e poi ci vediamo tutti i weekend eh... come faccio a mancarvi?"
"Beh io vado" mi fa mentre io tento di guadagnare la sicurezza di casa. Entro alla veloce, spengo le luci e mi metto alla finestra a controllarlo. Se ne va dopo un quarto d'ora portandosi via i cioccolatini.
Stronzo, almeno quelli me li poteva lasciare!

2 commenti:

  1. ...se erano di cioccolata fondente...sono per me !!! ^-^

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  2. sì sì, assolutamente, rigorosamente fondenti! In una bella scatola rossa decorata d'oro.

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