giovedì 27 maggio 2010

Come gli indiani

Mens sana in corpore sano solevano dire i nostri antenati mentre si ingozzavano stravaccati sul triclinio. E io, che sono grande estimatore dell'antichità, cerco nel mio piccolo di rifarmi a quei saggi precursori dell'epoca moderna: mangio come una bestia. Tra un pasto e l'altro, però, cerco anche di mantenere una certa forma fisica per adempiere del tutto al detto romano. (Dato che sono ingegnere, la "mens sana" ce l'ho da contratto, quindi inutile allenarla).

Come sapete, ho già dato inizio alla mia avventura da podista. I risultati sono altalenanti, lo ammetto, anche perché non sempre ho tempo, ma soprattutto voglia di compiere quello sforzo immane qual è l'allacciarsi le stringhe delle scarpe. Dovrei scoprire se esistono scarpe da corsa con gli strappi: tutto sarebbe molto più semplice. Da lì in poi è tutta discesa: basta mettere un piede davanti all'altro con velocità sempre maggiore, finché la milza non esplode. Devo ammettere che la corsa ha dei lati positivi. Adesso non me ne viene in mente nemmeno uno, ma deve averli sicuramente, perché Macaco1 corre un sacco e pare contento. Purtroppo la corsa è anche un'attività solitaria. Non puoi fare conversazione se tutto l'ossigeno che hai in corpo viene consumato dalle gambe, mentre il dolore straziante dei tuoi piedi ti annebbia la mente. E poi le ragazza più belle, con le quali vorrei fare conversazione (e molto altro) corrono molto più veloce di me. L'altro ieri, per dirne una, sono riuscito a raggiungerne una con il cappellino e una nera coda di capelli. Quando ho esalato la mia unica (e ho temuto ultima) parola, "Ciao", lei ha chiamato l'ambulanza chiedendo di mandare quella con il kit di rianimazione dei morti, lasciandomi lì come un ebete. No, decisamente, non puoi parlare mentre corri.

Così mi sono guardato un po' attorno con il solido intento di trovarmi qualcosa che si possa fare in compagnia, in squadra. Ah, la complicità, l'affiatamento della squadra, il far parte di una realtà, condividere fatica (spero poca), onori, glorie, sconfitte, cene, amore. Ecco, devo trovarmi degli sport con squadre miste. Dopo qualche notte insonne passata sulla grande rete, sono riuscito ad individuare lo sport perfetto per me: la canoa. Ieri sera il primo appuntamento del corso.

"Questa è la canoa. Questa è la pagaia. Questo è il fiume. Buona fortuna."

Le spiegazioni tecniche iniziano e finiscono qui: sembra facile. Primo passo essenziale per poter praticare canoa è salirci sopra. Tutti i partecipanti al corso fanno vari tentativi per infilarsi nella canoa loro assegnata dal malvagio istruttore. Chi con prudenza, chi con baldanza e sicurezza, chi con paura e chi, come me, con cura, analizzando la situazione. Pondero il precario equilibrio del mezzo, aggiungo all'equazione che avrò almeno una mano occupata dalla pagaia, noto che ho i normali vestiti che uso in ufficio. Mi denudo parzialmente, mi infilo nell'acqua torbida del fiume e mi avvicino alla canoa. Quella che mi è stata assegnata è rossa. Sempre con la pagaia in mano cerco di entrare nel basculante mezzo di trasporto. Faccio vari tentativi ma il risultato è sempre quello e alla fine mi ritrovo completamente fradicio e lurido. Spero che quella grande fabbrica che si vede in lontananza non scarichi troppa roba in acqua. Alla fine, sono uno dei pochissimi ad essere riuscito a domare la barchetta. Uno si è infilato con la testa, l'altro è coricato di schiena e io sono a cavalcioni ma girato al contrario.

L'istruttore, braccia conserte e sguardo assassino, annuisce gravemente dalla riva. "Bene, addio e buon divertimento." Mentre taglia le corde che fissano le imbarcazioni alla riva. "Ci vediamo venerdì per la prossima lezione." E nel frattempo diventa un puntino lontano.

Speriamo non ci siano troppe rapide.

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