venerdì 16 aprile 2010

Burocrazia

"Buongiorno, io..."
"Gli uffici aprono alle 8.30."
"Sì, ok ho letto il cartello, ma sono le 8.25 e lei è già qui."
"Niente da fare, gli uffici aprono alle 8.30."
Aspetto cinque minuti fissando con astio la dipendente zelante. La cosa che mi dà particolarmente fastidio è che ce l'ha lei il coltello dalla parte del manico e quindi mi tocca stare al suo gioco. Devo prendere la residenza in questo postaccio, non tanto perché mi sento parte della cittadinanza, al contrario, ma così pago gas e luce con le tariffe per i residenti. Che se poi ci pensate è assurdo: la corrente elettrica sa che non sono residente quindi è più riottosa ad entrare nel forno o nel tostapane? Guardo l'orologio: 8.28. Aspetto. 8.29. Aspetto. 8.30.
"Buongiorno, io..."
"Un attimo che devo accendere il computer."
"Ok, ma cazz... santo cielo non poteva farlo mentre aspettavamo?"
"No, gli uffici aprono alle 8.30. Comunque vedo che ha molta fretta. Mi dica."
"(Dio grazie) Buongiorno, io vorrei prendere la residenza qui a R."
"Molto bene."
"Non dovrei firmare qualche modulo?"
"Sì, assolutamente."
...
Sono confuso e al tempo stesso il mio animo da antropologo sta esultando. Ho di fronte a me un esemplare di uomo (donna) di Neanderthal sopravvissuto fino ai giorni nostri.
"E questi moduli me li dà lei o... dove posso trovarli?"
"Li deve chiedere all'ufficio anagrafe."
"Ok, sa dov'è?"
"Sì."
Aspetto dieci secondi una risposta che non ha intenzione di arrivare. Non voglio chiederle dove sta il maledetto ufficio e offendere la sua intelligenza, poi desideroso di farla finita il più presto possibile mi faccio coraggio.
"E dove lo trovo l'ufficio anagrafe?"
"Al secondo piano, prima porta sulla sinistra."
"Grazie."
Salgo i gradini a due a due. Secondo piano prima porta a sinistra. Eccoci qui, la porta è chiusa. Busso senza ottenere una risposta. Busso più forte, ma con lo stesso risultato. Provo ad aprire la porta ma pare sia chiusa a chiave. Torno di sotto.
"Scusi eh, ma pare non ci sia nessuno..."
"Eh la collega è in ferie, rientra domani."
"Ma non me lo poteva dire subito?"
"E cosa sono telepatica io? Che ne so che deve andare all'anagrafe?"
"Io, guardi, davvero, spero che... no, ok torno domani."
"Sì, si ricordi che qui apriamo..."
"Alle 8.30, lo so. Grazie."
Desidero ardentemente la sua morte e dire che non sono mai stato violento.
L'indomani mi ripresento alle 8.30 precise. Inforco la scala e tento di salire.
"Desidera?"
"Eh? Ah, devo fare il cambio di residenza, vado su all'anagrafe."
"Se vuole, la domanda la possiamo fare anche da qui, un attimo solo che accendo il computer."
"Ma... ieri... la collega... il modulo..."
"No beh, se preferisce andare su, ok, facevo solo per aiutarla. Vada vada, su su!"
Secondo piano prima porta. Salgo, busso senza ottenere risposta. Busso più forte.
"Avanti."
La voce è talmente flebile e antica! Ha quel gusto di inizio secolo che mi ha sempre affascinato.
Entro. La collega dell'anagrafe: vecchierella di 102 anni circa, piccola, raggrinzita, occhi vitrei, mano tremante, grosso registro sulla scrivania, penna d'oca, inchiostro, tampone. Sono scoraggiato ma la tento lo stesso.
"Buongiorno, io dovrei fare il cambiamento di residenza. Mi ha sentito? Sta bene?"
Passa almeno un minuto. La vecchierella (che pare la nonna di Nefertiti) si alza e si dirige verso l'armadio che ha alle spalle. Afferra un paio di moduli con una mano grifagna e torna alla scrivania porgendomeli. Mi guarda, ma probabilmente non mi vede.
Boh, compilo i moduli alla meno peggio, inserisco anche le targhe di auto e moto, da che ci sono mi conviene. Intanto lei sta lì ad aspettare, rassegnata al passaggio imminente dell'oscura mietitrice o della fine della giornata. Consegno. Nel successivo quarto d'ora il modulo è letto e riletto da quei due occhi che hanno visto troppe estati. Poi, quasi grazie a un intervento divino la vecchierella decide di avallare la richiesta: estrae la penna d'oca e pone la sua firma in calce ai fogli. Mi fissa.
"Abbiamo finito? Posso andare?"
Non ottengo risposta ma lo prendo per un sì.
Scendo le scale, sono quasi stordito non riesco a capire quello che mi sta succedendo, è troppo lontano da me è... alieno. Esco dal comune, ma una voce petulante mi ghiaccia sul posto.
"Tutto bene?"
"Beh, tutto sommato non è andata male."
"Riceverà i documenti del cambio di residenza direttamente in posta. Le devo chiedere anche 10 euro per la pratica."
"Eh? 10 euro? No ma diamo i numeri? Per due firme 10 euro?"
"Non sono per le due firme, sono per la marca da bollo, alcune spese accessorie, due pacchetti di caramelle e le fotocopie che le faremo."
"Ok, allora, ecco qui 10 euro, ma spero veramente che venga il diabete a tutti quanti! E che crepiate tra atroci sofferenze."
"Sì? Lo sa vero che deve venire il vigile a casa sua a convalidare la residenza?"
Impreco mentalmente. Impreco talmente tanto che un turco si vergognerebbe di me.
"E lo sa vero che il vigile è pure mio marito? E lo sa vero che le ribalterà la casa?"
Hanno il coltello dalla parte del manico, niente da fare. Avevo la possibilità di vivere tranquillo e me la sono lasciata scappare a un passo dalla fine. Mi sento un po' come Orfeo ma molto più incazzato.

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